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Chiedere aiuto è la prima forma di coraggio

I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono patologie caratterizzate da un’alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del proprio corpo.

I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (DSM 5, 2014) sono da alcuni anni oggetto di una particolare e crescente attenzione da parte della comunità scientifica e dei vari operatori sanitari e sociali, in virtù soprattutto della loro diffusione e gravità tra le fasce più giovani della popolazione e della loro eziologia multifattoriale complessa. In passato i disturbi dell’alimentazione sono stati associati al sesso femminile e alla fase adolescenziale; oggi diventa necessario prendere in considerazione la maggiore presenza e diffusione dei Disturbi dell’Alimentazione nelle varie classi sociali, senza particolari differenze di sesso e fasce di età. Inoltre diventa di particolare interesse la comorbilità di tali disturbi con ansia, depressione, abuso di sostanze e disturbi di personalità.

I soggetti affetti da DA, infatti, hanno spesso stili interpersonali rigidi caratterizzati da passività, dipendenza e modalità narcisistiche/borderline, credenze patogene disfunzionali, esperienze traumatiche e difficili che contribuiscono al mantenimento del disturbo, parallelamente a modalità interpersonali disfunzionali caratterizzanti i nuclei familiari di appartenenza. Nella ricerca dei fattori responsabili dei DA, le varie scuole di pensiero che si sono interrogate hanno evidenziato fattori differenti, enfatizzando di volta in volta sia ipotesi strettamente organiche (danno dell’ipofisi, lesione del centro della fame, malattie genetiche), sia variabili psicologiche (caratteristiche di personalità, struttura della famiglia) e contestuali. Oggi si fa riferimento a modelli multifattoriali che si rifanno ad un’ottica bio-psico-sociale: non esiste una causa unica ma una concomitanza di fattori che possono variamente e diversamente interagire tra loro nel favorirne la comparsa e il perpetuarsi. Bisogna tenere presente che esistono fattori predisponenti che creano una vulnerabilità biologica e psicologica, fattori scatenanti che determinano il disturbo vero e proprio e fattori perpetuanti che permettono l’auto-mantenimento del disturbo.

La società in cui viviamo è sempre più pervasa dal materialismo, dal desiderio dell’accumulo di beni e oggetti, dall’egoismo e dal consumismo puro. Pensiamo ai social network e ai mass media in generale; il loro uso massiccio influenza la vita di ciascun individuo, creando e alimentando una cultura con una vera e propria ossessione per il mangiare, in cui si instaura una particolare relazione tra cibo, smartphone e social network. Basti pensare all’enorme quantità di programmi televisivi con tema il cibo o ancora la tendenza e non di rendere pubblica ogni pasto consumato.

Tutto ciò rimanda a meccanismi più sottili, come il perfezionismo e l’interiorizzazione dell’ideale di magrezza, che influiscono nella rappresentazione mentale del corpo, sui livelli di autostima e accettazione di sé e sui comportamenti alimentari in senso generale (Dakanalis, Caslini, et al., 2012).

La maggior parte delle persone che soffrono di disturbi dell’alimentazione non hanno, se non scarsa, consapevolezza di avere un problema. La ricerca ossessiva del perfezionismo, l’interiorizzazione dell’ideale di magrezza, la perdita del controllo, il digiuno, l’uso di lassativi, vomito autoindotto, esercizio fisico estremo, e tutti i comportamenti compensativi, rappresentano una strategia per la soluzione dei propri problemi. Soffrire di un DA sconvolge la vita di una persona e di tutte le persone care. I disturbi del comportamento alimentare sono pervasivi, impegnano così tanto la persona che ne soffre, creando l’illusione di allontanare tutte le altre preoccupazioni, non coscienti che è proprio tale disturbo la causa di altre difficoltà (danneggiando l’autostima e l’accettazione di sé).

Molte persone affette da disturbi dell’alimentazione (soprattutto nelle fasi iniziali della malattia) non chiedono aiuto o rifiutano addirittura un approccio terapeutico; la paura che li caratterizza è il cambiamento. Intraprendere un percorso di sostegno e supporto psicologico, con lo scopo di portare la persona a desiderare il cambiamento e la guarigione, diventa pertanto fondamentale. Essere motivati al cambiamento significa: riconoscere di avere un disagio (consapevolezza), sentire che la situazione crea una notevole quota di sofferenza, credere nella possibilità di cambiare (senso di efficacia), essere disponibili a “mettersi in gioco”, avere la forza e il coraggio di chiedere un aiuto.

Cinzia Vullo, Psicologo

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